IL GAP GENERAZIONALE e IL REVERSE MONITORING IN AZIENDA
Il fenomeno del gap generazionale in azienda è sempre più rilevante in quanto, ad oggi, in azienda possono collaborare quattro generazioni diverse:
- Boomer (1946 – 1964)
- Gen X (1965 – 1979)
- Millenial/Gen Y (1980 – 1996)
- Gen Z (1997-2012)
Il gap generazionale rappresenta la differenza di valori, aspettative, competenze e stili lavorativi all’interno della stessa organizzazione.
È stato condotto uno studio che ha coinvolto oltre 18.000 lavoratori e lavoratrici con l’obiettivo di indagare la realtà delle quattro generazioni: Baby Boomers, Gen X, Millennials (Y) e Gen Z. L’obiettivo è quello di delineare non solo “quanta” e “quale” diversità generazionale sia presente nelle aziende italiane, ma anche di comprendere le differenze e i punti di contatto tra le generazioni.
La ricerca ci offre il punto di vista di una popolazione (GenZ e Millennials) più multiculturale e più istruita rispetto alle generazioni più anziane. Nonostante ciò, i giovani sperimentano una minore sicurezza lavorativa o stabilità contrattuale rispetto alle generazioni dei baby boomer e della generazione X. I giovani entrano nel mondo del lavoro con una prospettiva diversa, caratterizzata dal desiderio di coltivare altre dimensioni della vita personale, come la famiglia, gli amici e il tempo libero. Nella Generazione Z, il lavoro perde centralità, incidendo sulle scelte di carriera.
Le nuove generazioni attribuiscono un valore elevato all’equità e alla parità di genere nella gestione della genitorialità, riconoscendo l’importanza di un approccio condiviso alle responsabilità familiari. Ciò riflette un cambiamento culturale rispetto alle generazioni precedenti, in cui le donne spesso si facevano carico principalmente delle responsabilità familiari, subendo ripercussioni negative sulla carriera.
Sia la generazione X che Z subiscono una “zona d’ombra” nella vita aziendale. La generazione X, per esempio, sente un clima di pre-pensionamento e il dovere di mantenere un certo grado di autorità. Allo stesso modo, la generazione Z vive in un limbo tra l’ingresso in azienda e il pieno riconoscimento/partecipazione nell’organizzazione.
Le ricerche mostrano che la generazione Z è quella che si sente meno ascoltata, percependo la propria età come un ostacolo per far valere le proprie opinioni con gli altri colleghi e manager.
Una sfida ardua per i responsabili delle risorse umane è quella di integrare le diverse caratteristiche della Generazione Y e Z, con l’obiettivo di promuovere un processo di cooperazione nel campo della condivisione e del trasferimento delle conoscenze.
La ricerca di Elmore (2014) mostra che la Generazione Y e Z sono diffidenti, non si aiutano a vicenda e creano legami solo superficiali. La Generazione Y può collaborare con la Generazione X su obiettivi comuni, ma la Generazione Z vuole raggiungere il successo da sola. Questi giovani sono intelligenti, hanno competenze necessarie nel mercato del lavoro, ma adattarli e trattenerli nelle aziende, trovando i migliori strumenti motivazionali sono compiti davvero impegnativi per le aziende.
La Generazione Z (1997-2012) è una generazione che non ha paura del cambiamento, in quanto si tratta di individui cresciuti in un ambiente incerto e complesso. I datori di lavoro dovranno affrontare il fatto che questa generazione sceglierà una carriera nel proprio interesse e non perché vuole soddisfare le richieste di qualcuno. Di conseguenza, sono intrinsecamente motivati, hanno uno spirito intraprendente e vogliono influenzare il mondo. Allo stesso tempo, il loro obiettivo è quello di sviluppare nuovi ambiti di interesse, come hobby, sport, passioni. La Generazione Z non è così ottimista come i loro predecessori dal punto di vista del posto di lavoro: una parte di loro si preoccupa della disoccupazione o del fatto che la loro carriera possa bloccarsi e che non possano sviluppare i loro talenti.
Per questo motivo è sempre più presente all’interno delle organizzazioni il Reverse Mentoring, perché viene riconosciuto come un ponte tra le diverse generazioni all’interno dell’azienda e uno strumento per cercare di diminuire il divario tra loro.
Il reverse mentoring è l’opposto della classica dinamica di mentoring: i dipendenti junior diventano mentori dei membri senior dell’azienda. Rispetto al mentoring classico, in cui la conoscenza parte dai senior per arrivare ai junior, questo tipo di mentoring incoraggia uno scambio bidirezionale di competenze, prospettive e conoscenze.
Prima di avviare un programma di reverse mentoring, è fondamentale ottenere il sostegno del top management. È necessario spiegare i vantaggi del programma, presentare un piano ben definito che sia in linea con gli obiettivi dell’organizzazione e dimostrare come il programma contribuirà al successo generale.
In primis, è importante presentare un progetto di reverse monitoring ben definito al proprio manager aziendale. L’idea di progetto deve presentare la durata di ogni intervento e la frequenza con cui si intende farla. Vanno definiti gli obiettivi e i ruoli, chi sarà il mentore e chi il mentee (la persona che viene guidata e consigliata dal mentore nell’apprendimento e nello sviluppo e che deve avere voglia di imparare e cambiare prospettive).
È necessario un supporto continuo e risorse per mentori e mentee, come l’accesso a materiali didattici rilevanti (articoli, video o corsi online) e un ambiente di supporto in cui i partecipanti si sentano a proprio agio nel chiedere assistenza o nel condividere i propri progressi con i coordinatori del programma o con altri partecipanti.
Il monitoraggio e la valutazione del programma di reverse mentoring consentono di verificare l’efficacia del programma e di apportare le modifiche necessarie. Raccogliere regolarmente i feedback di mentori e mentee è fondamentale per comprendere le loro esperienze e valutare l’impatto del programma. Infine, discutere dei risultati del programma giornaliero, riconoscere gli sforzi di mentori e mentee e condividere storie e risultati stimolanti per ispirare gli altri e promuovere una cultura di apprendimento continuo assicurano l’efficienza del progetto.
In un mondo del lavoro sempre più complesso e intergenerazionale, l’obiettivo è quello di investire in strategie, come il reverse mentoring, per ridurre il gap generazionale. Lo scopo è favorire un clima aziendale inclusivo, dinamico e orientato al miglioramento reciproco in cui tutti si sentano partecipi e di valore.
A cura della Dott.ssa Margherita Gelmetti
Dott. Alessandro Bargnani | CEO Health e Human Performance
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA
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